La cartolina oggi descritta, o meglio quello che resta della stessa, raffigura la stazione di Arcore, durante il periodo in cui la linea ferroviaria Monza-Calolziocorte risultava elettrificata con la corrente “trifase”. Questo sistema di alimentazione fu attivo ad Arcore a partire dal 1914 e rimase in uso fino al 21 marzo del 1951, quando l’elettrificazione fu aggiornata al sistema a corrente continua ancora oggi utilizzata. Il precedente sistema aveva fatto il suo tempo e la limitazioni tecniche, per costruire locomotori più veloci, mandarono in pensione la “trifase”. Ricordiamo che questo tipo di alimentazione elettrica, aveva avuto il suo sviluppo a seguito della sperimentazione e successiva entrata in esercizio, della linea Lecco–Sondrio già in atto dal 1902.
Il tipo di alimentazione elettrica trifase si caratterizzava per un voltaggio di 3600 Volt e una frequenza di 16,7 periodi. Ricordiamo che per parecchi anni questo fu il sistema italiano di elettrificazione in uso.

Il piazzale della stazione, anni Ottanta. La convivenza tra la nuova costruzione e lo storico edificio la cui edificazione risaliva al 1873
Per una descrizione dettagliata della stazione di Arcore e delle sue vicende storiche a partire dal 27 dicembre 1873, giorno dell’inaugurazione della linea, vi invito a fare visita al post sul sito : https://www.scoprilabrianzatuttoattaccato.it/
Nell’articolo citato è riprodotta la stessa cartolina, nella sua interezza, che riproponiamo per una fruizione migliore, dell’esemplare alquanto malconcio oggetto di questo articolo. Il treno sta entrando in stazione proveniente da Carnate, un numero limitato di passeggeri è in attesa di salire sul treno. Il capostazione presidia le operazioni. Un poco più avanti, l’addetto al carico dei pacchi si rivolge verso l’obbiettivo, di chi sta scattando la foto, disinteressandosi al momento dal treno in arrivo, trainato da una locomotiva E330.
Una doverosa lettura, a questo punto del lato “b” della cartolina. La seconda Guerra Mondiale è finita da qualche mese, sembrerebbe il novembre del 1945. Il mittente, possiamo pensare sia un ferroviere in servizio a Calolziocorte, quel giorno informa il padre di essere in trasferta ad Arcore, che sta bene e che è in attesa che il padre militare venga rimpatriato, come si intuisce dalla cartolina indirizzata al Comando Base Italiana a Ragusa in Jugoslavia.
Dai diversi timbri che riempiono il dorso della cartolina, è difficile dire se il soldato Camillo, abbia mai ricevuto questa missiva. Una data del 15 gennaio del 1946, sul timbro che sembra un “visto della censura”. Ancora un altro timbro senza data che indica “posta civile” anche se una ulteriore scritta risulta troncata e nella parte finale si intuisce “militare”, non risolvono il dubbio. Infine una scritta rossa che non siamo riusciti a decifrare, non sappiamo se inerente alla consegna della missiva, potrebbe aggiungere particolari sulla travagliata spedizione.
Concludiamo con le indicazioni dell’editore e dello stampatore della cartolina.
L’edizione riservata è appannaggio di Sala Francesco, (A) che anche qui non manca di aggiungere quel “Maera” che identifica la sua principale professione di magliaio. L’esemplare anche se spedito alla fine del 1945, con più probabilità era stato stampato negli anni Trenta e rimaneva ancora a disposizione alla fine della guerra, per l’acquisto del ferroviere. La seconda informazione identifica l’editore che di fatto ha prodotto la cartolina Nino Marangoni di Milano (B) a cui dobbiamo aggiungere attraverso il monogramma “SRM” (C) che sta ad indicare la tipografia Segale e Radaelli sempre di Milano dove con probabilità la cartolina fu stampata, terminiamo con il numero di cliché (D) 15852.
Per un salto a ritroso a quegli anni, riproponiamo un ricorda personale dell’amico Tonino Sala, brano contenuto all’interno del volume “Cameriere, di che scrivere”. Cartoline da Arcore”, che ricorda le sue peripezie negli anni conclusivi della guerra per frequentare la scuola a Monza
Viaggiatori in tempo di guerra: dentro e fuori
Nel ’43-’44, con mio fratello gemello, frequentavo a Monza il primo anno di “avviamento commerciale” e quotidianamente la giornata iniziava con l’assalto al treno. E’ difficilmente immaginabile cosa significhi il cercare un posto su vagoni bestiame sovraccarichi, respingenti e tetto compresi, con persone appese a grappoli anche agli appigli laterali. Costretti a volte a cedere quanto faticosamente conquistato a repubblichini e tedeschi che non esitavano a spianare il mitra per farsi fare posto. A volte, grazie alla stazza da sottosviluppato riuscivo ad insinuarmi, mezzo sdraiato, tra le gambe dei passeggeri in piedi, a volte andavo ad arricchire il numero degli appesi ed altre a conquistare lo spazio su un respingente o una predella.
Il ritorno era sempre un problema essendo il numero dei treni limitatissimo e poteva anche capitare che saltasse addirittura il servizio. Il rientro “along the railway” contando le traversine sull’imitazione dei “tramps” americani dispersi sul territorio dalla grande crisi economica del ‘29, era relativamente frequente pedibus calcantibus. Qualche volta si associava alla marcia il Luigino Fumagalli, al tempo studente di veterinaria, che tornando dall’università si trovava bloccato a Monza senza mezzi per raggiungere il paese. Capitava che la camminata potesse essere accorciata grazie all’utilizzo della littorina della Monza-Molteno che ci scaricava a Villasanta.
Le difficoltà continuarono anche dopo la “Liberazione”, poi, molto tempo dopo, lentamente, ripresero a circolare le normali vetture passeggeri.
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